Tornare a volare dopo una crisi

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La crisi non bussa, travolge. Anche se il motivo che l’accompagna esiste da tempo non si è mai preparati al suo arrivo. Chi decide quanto dura una crisi? 

Il tempo della crisi è lo spazio in cui prendono voce le emozioni: ansia, paura, rabbia, irrazionalità, amore, odio, ragionevolezza, vergogna. Si manifestano e urlano le une sulle altre, per un tempo che non è quello che conosciamo, per questo ci sentiamo frastornati. Come il mostro nel libro “I colori delle emozioni, che piace tanto ai miei bambini. Il mostro ha tolto tutte le sue emozioni, ciascuna di un colore diverso, dai vasetti che le tenevano separate e così si sono tutte mescolate. Ora si sente strano, non sa cosa dire o fare. Una bambina lo aiuterà a mettere in ordine le sue emozioni, ricordando al mostro il significato di ciascuna di esse.

Quando sei immerso in una crisi, le persone intorno a te cercano di smuovere l’animo ferito e travolto da tutte queste emozioni. Tutti lo fanno con buone intenzioni, ma spesso si immedesimano troppo e scivolano su giudizi e sentenze pensando di accelerare il tempo della guarigione. Soltanto pochi ascoltano. Nelle mie crisi ho sempre compreso chi mi stava accanto, ma mi sono sempre sentita incompresa. Non vedevo rispettato il mio diritto di vivere la mia crisi nei miei modi, lasciarmi travolgere, metabolizzando i fatti, stando immersa in quel tempo. Come se fossi su una nave da abbandonare a tutti i costi, soltanto attraverso un bel tuffo e una risalita su una scialuppa. L’unica cosa visibile era che mi avrebbe trascinato a fondo con sé. Se invece aspettare sulla nave mi avesse permesso di raggiungere l’acqua a sfioro, senza l’impatto del tuffo? Anzi, se fossi IO quella nave da non abbandonare?

Sonia Scarpante nel suo libro “Non avere paura. Conoscersi per curarsi, scrive: “Questa tristezza a cui ho saputo attingere per ritemprare le mie risorse, per stemperare il mio vissuto, è assai Feconda. È la tristezza che promuove, nobilita, arricchisce. Per imparare a vivere dobbiamo imparare a calarci anche nella sofferenza. Non dobbiamo temere sentimenti quali la malinconia, la frizione, lo spaesamento. Dobbiamo imparare ad attraversare la loro essenza facendone parte e dandoci il tempo di maturare quella dimensione che tenderemmo a isolare per proteggerci, ma che se vissuta nel pieno delle sue fecondità tende a generare nuove energie: linfa interiore che attecchisce rendendoci più solidi e più forti.

Quando si può tornare a volare? In quanto tempo una persona cura le sue ferite e cancella le sue paure? 

Non ho trovato risposta, forse perché non ne esiste una valida per tutti. Io, ad esempio, ci metto molto tempo. È inevitabile, per me, tornare sui miei dolori e analizzarli. 

Penso di aver ricevuto una lezione sul tempo della crisi da un uccellino. Stavo percorrendo una rotonda in auto, quando mi sono accorta che c’era un uccellino a terra sul ciglio della strada. Sbatteva un’ala in modo scoordinato, per poi fermarsi a pancia in su.

Ho parcheggiato, sono scesa e mi sono avvicinata. Era immobile, con gli occhi chiusi, ma respirava affannosamente quindi era ancora vivo. Ho provato a prenderlo, ma improvvisamente ha iniziato a muoversi in modo scoordinato. Lo avevo stimolato, ma per lui era ancora troppo presto. Non era pronto. Prima era ai margini della strada, ora dopo il mio intervento era quasi in mezzo alla via ed era in pericolo. L’ho sollevato con l’aiuto del cappello e l’ho appoggiato sul lato della rotonda, verso un parchetto. Mi sono fermata a osservare, cercando di percepire i piccoli movimenti che pian piano recuperava. Il suo respiro si faceva sempre più calmo. Ha iniziato a zampettare per un breve tratto sul marciapiede, poi è balzato sul rametto della siepe. Infine, ha spiccato il volo prendendo sempre più quota, lasciandomi lì, sollevata.

A distanza di pochi mesi, stavolta sulla strada del supermercato, ho trovato un pettirosso a terra, nella stessa condizione del primo uccellino. Anche lui aveva gli occhi chiusi e il respiro accelerato. Stavolta io ero diversa. Sapevo che avrei dovuto solo aspettare, ascoltare

L’ascolto non è facile, è istintivo immedesimarsi nell’altro. Ragioniamo come se fossimo noi la persona ferita, prendendo decisioni basate sulle nostre necessità e sui nostri vissuti. Ma io non ho ali, non so, quanti muscoli servono per coordinarle, quanta energia ci vuole per muoverle e per sollevare il peso di un intero corpo fino a spiccare il volo. Io so camminare, con la mia velocità e il mio andamento, con le mie gambe che però le mie strade e la mia vita hanno reso diverse da quelle di un’altra persona. L’ho preso con la mano, mentre lui con le zampine si aggrappava all’asfalto. L’ho messo sulla mia gamba, dove poco dopo ha fatto i suoi bisogni…segno che si stava riprendendo. Così è stato, come per l’altro uccellino: prima rallentando il respiro, poi accelerando i movimenti, fino a spiccare il volo…Allora è vero, davvero c’è un tempo per tutto. 

Anna Llenas. I colori dele emozioni. Ed. Italiana GRIBAUDO – IF – Idee editoriali Feltrinelli srl, 2017.

Sonia Scarpante. Non avere paura: Conoscersi per curarsi. Ed. San Paolo Edizioni, 2010.

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Alessandra Gilardini
Inutile lottare per cambiare me stessa: sono una miscela di forza, debolezza, complessità e leggerezza. Posso esplodere e ferire, oppure spegnere e curare. La scrittura è una carezza che faccio a me stessa, uno scioglinodi che agisce nel profondo e mi libera, per iniziare ad amarmi e amare davvero e profondamente.
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